The Information vuole essere libera
Le 3 lezioni di Jessica Lessin: 1) coerenza, 2) pazienza, e 3) ride bene chi ride ultimo.
Bentornati e bentornate su questa newsletter, che si risveglia dopo un po’ di letargo.
In realtà non mi sono riposato, mannaggia: questo mesetto di pausa digitale mi è servito per finire di scrivere un libro di carta. Poi vi dico.
Da gennaio però si ricomincia, regolari e belli tonici, e non vedo l’ora.
Intanto, grazie a Qonto per avere scelto di supportare Ellissi. Sotto trovi info su quello che fanno e su come lo fanno.
Buona lettura
Valerio
The Information vuole essere libera
Nel 2013, quando Jessica Lessin lasciò il proprio lavoro al Wall Street Journal per lanciare The Information, qualcuno la prese in giro:
Lo scetticismo non era legato al progetto editoriale in sé, né alle tematiche che avrebbe trattato (tecnologia e media, di cui Lessin si occupava già da anni).
A far alzare qualche sopracciglio fu soprattutto il modello di business scelto dalla giornalista per finanziare la nuova avventura: un paywall molto rigido e molto caro da 399 dollari all’anno (o in alternativa 39 dollari al mese).
Pungolata su Twitter, Lessin, giustificò il prezzo di lancio con ironia: «L’opzione mensile costa 39 dollari, come due viaggi in Uber a San Francisco!».
In quel momento storico, come magari ricorderai, gli abbonamenti digitali erano ancora una rarità.
Quello del New York Times - che aveva lanciato il proprio paywall nel 2011 e raggiunto 760,000 subscriber in due anni - era un caso isolato.
Le startup media più chiacchierate e celebrate, come BuzzFeed e VICE, difendevano invece i propri modelli aperti basati sulla pubblicità.
Il loro obiettivo era quello di raggiungere quante più persone possibili, sfruttando gli algoritmi e i meccanismi virali dei social, per poi monetizzare attraverso i banner e il branded content.
A quel tempo, insomma, l’idea che Information wants to be free andava per la maggiore.
L’Information di Lessin adottò una filosofia diversa: voleva essere «libera», e che per questo doveva essere pagata.
Nell’editoriale di lancio la fondatrice analizzava la situazione con una lucidità rara, almeno per l’epoca:
«La corsa alle pagine viste e agli annunci pubblicitari spinge i giornali a privilegiare la quantità rispetto alla qualità. Per questo, invece di inseguire il maggior numero possibile di eyeballs, noi inseguiremo le notizie di maggior valore. Abbiamo fissato l'asticella in alto. Vogliamo scrivere articoli per cui valga la pena spendere».
Molti, come detto, ironizzarono sul modello chiuso proposto da The Information.
Ma ci fu anche chi non diede per scontato il fallimento della testata.
Tra questi c’era il giornalista Nicholas Carlson, che ai tempi su Business Insider pubblicò un articolo con questo titolo:
«Gli addetti ai lavori ridono del nuovo sito The Information. Ma sarà la fondatrice Jessica Lessin a ridere per ultima».
Il 2023, secondo l’analista Mark Stenberg, è stato «il peggiore anno nella storia dei media digitali».
Solo negli Stati Uniti, ha calcolato Stenberg, ci sono stati oltre 20.000 licenziamenti.
Nel corso dell’interminabile maremoto che ha travolto il giornalismo digitale, BuzzFeed News e VICE sono affondate.
The Information invece non è solo rimasta a galla, ma ha iniziato a veleggiare.
La testata, che ha da poco compiuto dieci anni, conta oggi secondo i miei calcoli circa 60.000 abbonati e prevede 18 milioni di dollari di ricavi nel 2023, una crescita del 30% nell’arco degli ultimi dodici mesi.
The Information vanta anche 415.000 «lettori attivi», metrica che include le persone iscritte alle newsletter gratuite.
Solamente il suo corpo redazionale è rimasto piuttosto contenuto: 65 impiegati sparsi tra San Francisco, New York e Hong Kong — una scelta precisa che ha permesso di mantenere bassi i costi.
In questi dieci anni, i giornalisti di The Information hanno pubblicato decine di scoop e inside stories sulle aziende tech più influenti del pianeta, come Apple, Meta, Tesla, Google, Amazon e ovviamente OpenAI.
Come aveva preannunciato Carlson dieci anni fa, oggi Lessin se la ride.
«Nel corso di questi dieci anni ho visto i giornali investire per creare team dedicati a Snapchat, a TikTok, alle produzioni video. Noi non abbiamo fatto nulla di tutto questo. Abbiamo deciso di assumere giornalisti e pagarli per quello che valgono davvero. È una formula differente, che richiede pazienza».
«Great journalism takes time», è il mantra che Lessin ripete spesso.
La «pazienza» è in effetti una delle virtù che ha permesso a The Information di diventare quello che è oggi, e cioè una delle pubblicazioni più rispettate e influenti a livello globale quando si parla di tecnologia.
Ma non è l’unica. Il progetto si basa soprattutto su valori che la fondatrice ha definito old school, come la qualità dei contenuti e il talento dei reporter.
«Anche se oggi i giornalisti sono solo un minuscolo frammento nell’ecosistema generale dell’informazione, quel frammento ricopre una importanza fondamentale […]», ha dichiarato di recente in un podcast.
«Per questo continueremo a produrre notizie originali, accurate e prive di rumore. Continueremo a parlare di ciò che sappiamo e del perché lo sappiamo».
L’altro “segreto” di The Information è rappresentato dalla sua capacità di privilegiare i bisogni del proprio pubblico rispetto a quelli degli algoritmi.
La maggior parte degli articoli pubblicati dalla testata sono dei «must read» nel vero senso della parola, nel senso che vanno letti se si vuole capire come funzionano gli ingranaggi della Silicon Valley.
Il pubblico della creatura di Lessin è principalmente B2B, ma non è ristretto ai CEO delle grandi aziende tecnologiche.
Ci sono anche tantissimi dipendenti delle stesse aziende (che pagano rigorosamente con carta aziendale), oltre a un nutrito gruppo di curiosi e professionisti del mondo digitale.
The Information poi non ha cercato di “scalare”, e questo è stato un altro fattore importante.
Il progetto non ha mai fatto passi più lunghi delle proprie gambe, e anche i suoi prodotti più innovativi - come il social network per abbonati e il nuovo servizio a pagamento Information Pro, entrambi lanciati nell’ultimo anno e mezzo - sono stati frutto di anni di studi e figli di investimenti oculati.
Nel frattempo Lessin ha resistito alle sirene degli investitori, riuscendo a mantenere The Information com’era all’inizio: un’«azienda di famiglia».
Sul proprio sito la giornalista, che oggi ha 40 anni, continua a scrivere regolarmente, e altrettanto regolarmente risponde ai commenti degli abbonati.
Come disse una volta, avere una visione è tanto importante quanto mantenerla:
«Il mio obiettivo non era ricostruire il Wall Street Journal da zero. Era costruire il Wall Street Journal dei prossimi cinquant’anni».
Anche l’ambizione, insomma, non manca.
Alla prossima Ellissi
Valerio
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✅ Complimenti! Sei arrivat* alla fine!
Bentornato e che bello questo numero, ci voleva proprio una storia così
Ben ritrovato! 🤗