Ciao,
da qualche giorno su Ellissi siamo in 18mila. Un benvenuto a chi è arrivato da poco, e un grazie gigantesco a chi è qui da due, tre o quattro anni (vi voglio molto bene, you know who you are).
Oggi Ellissi è supportata da Learnn, la piattaforma di apprendimento che ti aiuta a tenere le tue competenze digitali sempre aggiornate.
Trovate una offerta interessante più in basso.
Intanto, buona lettura!
Valerio
Il paradosso di Alex Turner
Qualche giorno fa sono incappato in un video su YouTube intitolato «il paradosso di Alex Turner».
Per chi non lo conoscesse, Alex Turner è il frontman di una band rock inglese chiamata Arctic Monkeys.
Il suo è stato un talento precoce. Il successo è arrivato a soli vent’anni, nel 2006, con l’album Whatever People Say I Am, That's What I'm Not.
Il disco conquistò immediatamente il pubblico, vendendo centinaia di migliaia di copie in pochi giorni.
Anche la critica lo elesse tra i migliori dell’anno, e fu da subito considerato come un “grande classico” dell’indie rock.
Ne è passato di tempo, da allora.
Oggi Turner ha 38 anni.
Negli anni ha composto colonne sonore per film, ha fondato un progetto artistico parallelo - i The Last Shadow Puppets - e pubblicato una dozzina tra album ed EP con la sua band principale.
La sua abilità di performer e compositore è cresciuta nel tempo, così come la capacità di sfruttare in modo versatile il proprio talento.
Tuttavia - almeno secondo l’autore del video che citavo all’inizio - questo lo ha condotto in un paradosso, che potremmo sintetizzare così:
«Più Alex Turner è diventato bravo, più è diventato noioso».
La sua voce nel tempo è diventata più matura, spiega lo youtuber, ma anche più impostata, controllata, “tradizionale”.
E così la sua musica: che è più ricercata, ma anche meno dirompente. E dunque meno “unica”.
Non sta a noi giudicare, direi, visto che su Ellissi parliamo d’altro (ma se avete opinioni forti sull’indie rock, per carità, i commenti sono aperti).
Più che la carriera di Alex Turner, quello che mi interessa è capire se questo “paradosso” possa essere applicato a tutti e tutte noi, facendoci questa domanda:
«Più diventiamo bravi ed esperti in quello che facciamo, più perdiamo la nostra forza creativa e la nostra capacità immaginifica?»
Bambini geniali, adulti normali
Online ci si imbatte spesso in uno studio accademico, realizzato da George Land per la NASA a partire dagli anni ‘60, che indaga l’origine della creatività umana.
La creatività è qualcosa di cui nasciamo equipaggiati, oppure qualcosa che impariamo più tardi, nel corso della vita?
Lo studio originale, non semplice da reperire, dimostra come il pensiero divergente - quello che non è influenzato da norme e costrutti sociali e che ci spinge a usare l’immaginazione in modi non convenzionali - diminuisca con l’età.
Un test sottoposto a un gruppo di 1.600 bambini di 5 anni diede risultati sorprendenti: il 98% di loro ottenne punteggi altissimi, dimostrando di possedere quello che Land definisce «genio creativo».
Ma la ricerca dimostrò appunto anche qualcos’altro: e cioè che invecchiando il pensiero divergente diminuisce. I “geni creativi” tra i quindicenni diventano il 12%. Tra i trentenni appena il 2%.
Secondo le conclusioni di Land, raccontate anche in un TEDxTalk, col passare del tempo il nostro pensiero divergente, che permette all’immaginazione di viaggiare liberamente e generare nuove idee originali, arretra per lasciare spazio a quello convergente, legato al giudizio e alla valutazione degli altri.
La corteccia pre-frontale del cervello, soverchiata da stress e preoccupazioni, viene costretta a modificare la sua modalità di azione, e lentamente si “spegne”.
In alcuni casi questo declino è stato imputato più volte al sistema scolastico, accusato di essere uniformante e limitante.
In altri casi si punta il dito contro l’idea stessa di successo, che una volta raggiunto può in-castrarci: più ci affermiamo, più tendiamo a uniformarci alle aspettative che gli altri hanno di noi.
La conseguenza? Tendiamo a usare sempre meno il pensiero divergente per rientrare all’interno di schemi sociali predeterminati, sacrificando così il genio creativo di cui siamo naturalmente dotati nell’infanzia.
I musicisti, e i loro capolavori
Un altro interessante video su YouTube è quello in cui Rick Beato, produttore musicale americano, parla dell’evoluzione del “quoziente intellettivo musicale” degli artisti durante l’invecchiamento.
Secondo Beato, quasi tutti i grandi musicisti della storia hanno realizzato i loro capolavori quando avevano tra venti e trent’anni.
Gli esempi: Bob Dylan pubblicò il suo disco migliore a 23 anni. I Beatles a 25. Kate Bush a 20. Patti Smith a 28. David Bowie a 26. Michael Jackson a 24. I Queen a 28. Lauryn Hill a 23. Amy Winehouse a 23. Kurt Cobain a 24. Adele a 22.
Ovviamente, pur esistendo diverse eccezioni a questa “regola”, c’è un fatto ricorrente che non possiamo ignorare: quasi tutti questi artisti non sono più stati in grado di scrivere musica di eguale livello una volta superati i 30.
Beato, nel video, si spinge anche oltre, sostenendo che anche i grandi inventori della storia (Newton, Einstein, Tesla, Edison, per citarne alcuni) hanno avuto le loro idee geniali prima di arrivare all’età adulta.
Ciò sarebbe dovuto al modo in cui la nostra intelligenza evolve negli anni, diventando da «fluida» a «cristallizzata» — come ha teorizzato lo psicologo anglo-americano Raymond Cattell.
Qual è la differenza tra le due?
L’intelligenza fluida è la capacità di risolvere problemi nuovi utilizzando primariamente l’istinto e senza farsi influenzare dalle conoscenze acquisite, dall’educazione ricevuta, dalle strutture sociali.
Crescendo, invece, sviluppiamo l’intelligenza cristallizzata, che è alimentata dalla profondità e vastità di conoscenze generali che ciascuno di noi possiede. È, sostanzialmente, il prodotto delle nostre esperienze educative e culturali.
Una non è migliore dell’altra, chiariamolo: sono semplicemente diverse. E spesso convivono, si alternano, si aiutano a vicenda. Su questi temi esiste una letteratura vastissima.
E quindi?
E quindi l’argomento mi affascina molto, anche perché mi ci ritrovo in prima persona.
Sento che la mia intelligenza fluida sta lasciando il posto a quella cristallizzata. E che ultimamente il mio pensiero convergente tende ad avere la meglio su quello divergente.
Mi piace? No. Ne sono felice? Insomma. Vorrei tornare ad avere le idee che avevo a diciotto o vent’anni (anche se non erano propriamente geniali, ecco 🫠).
La domanda cruciale credo però sia un’altra, ovvero: come possiamo trovare modi per continuare a sviluppare il nostro genio creativo e la nostra intelligenza fluida, anche da grandi?
Questa è una riflessione fondamentale. Che possiamo applicare nella nostra vita personale, ma anche nelle aziende.
Per quest’ultime, è cruciale contaminare le strutture corporate esistenti con il pensiero divergente tipico di una certa età.
Un obiettivo che non può essere raggiunto semplicemente “assumendo i giovani” - che banalità! - ma anche dando loro spazio e autonomia per fare proposte innovative. E, in parallelo, sviluppando strategie per allenare la creatività dei più “anziani”.
Questo è ancora più vero nell’era dell’intelligenza artificiale, tecnologia che si basa su modelli probabilistici plasmati da sovrastrutture socio-economiche e grandi tanto quanto le informazioni che le alimentano. I sistemi di AI possono darci l’impressione di essere creativi, ma non sono in grado di fornirci idee davvero dirompenti.
In questo, concludendo, l’AI ci somiglia.
Pensiamo a quella generativa, che ormai ci accompagna da un paio d’anni: più cose “impara”, più tende a diventare “noiosa”, conservatrice, incardinata (eh, ve li ricordate i bei tempi?).
Insomma, tenere allenata la nostra capacità inventiva è importante.
Perché ci fa stare meglio, e perché ci aiuta anche a non assomigliare alla macchina, quanto piuttosto a governarla.
Così da non cadere nel “paradosso di Alex Turner”.
Alla prossima Ellissi
Valerio
Impara con Learnn, la Netflix dell’apprendimento
Vuoi formarti per stare al passo con le nuove frontiere del digitale? Spesso le alternative a disposizione sono troppo costose o poco coinvolgimenti.
Imparare con Learnn, invece, è semplice ed efficace: con 1 singolo abbonamento hai accesso a 400+ corsi con certificazione sviluppati dai migliori del settore.
Per esempio, ti suggerisco questo corso su come creare un piano editoriale efficace oppure questo, per migliorare la comunicazione social del tuo brand.
Pensa a Learnn come a una Netflix dell’apprendimento: ti formi con esperti con percorsi e corsi illimitati. Unisciti a 180.000 professionisti e team che si formano e aggiornano con noi.
Che aspetti? Ottieni più risultati in meno tempo con Learnn. Puoi iniziare con una prova gratuita o attivare subito la promo Black Friday.
Nella mia reading list
🟡 La crescita dell’internet mobile sta rallentando?
🟡 Paris Hilton sta costruendo il proprio impero mediatico.
🟡 I rischi cui non pensi quando usi Strava.
🟡 Ti sono già arrivate le sponsorizzate a tempo su Instagram? A me sì. Sembra di stare davanti alla TV.
🟡 Di questi tempi digerire le notizie non è facile. Persino i giornalisti stessi fanno fatica.
🟡 Un bel pezzo del New Yorker su come la tecnologia stia cambiando il discorso politico.
🟡 E qui, invece, un lavorone di Rest of World su come gli strumenti digitali stiano trasformando la religione.
🟡 Infine, ecco perché la musica fa bene al nostro corpo e alla nostra mente.
Mentre leggevo ho fatto questa riflessione, riguardo alle aziende e alla questione dei talenti che "invecchiano": se invece di licenziare i cinquantenni perché troppo cari, si creassero team di lavoro misti con giovani e meno giovani forse si riuscirebbe a fare in modo che la creatività dei primi sposi l'esperienza (o cristallizzazione) dei secondi... così a caldo.
Quando all'inizio degli anni 2000 ascoltavo le band indie rock, mi sembrava di essere di fronte ai miei compagni di liceo che provavano le loro canzoni nel garage di casa al pomeriggio dopo i compiti: era questo rock da garage, all'apparenza poco curato, che amavo e che mi dava grandissime emozioni (che in parte ritrovo anche adesso, quando riascolto le mie band preferite). Ho talmente paura di questo "effetto Alex Turner" che ho deciso di non ascoltare gli ultimi album degli Strokes per non rimanere delusa 😂
Dal punto di vista della mia creatività, invece, ho notato che fino ai 20 anni sapevo scrivere cose molto più belle e profonde rispetto ad adesso: all'epoca decisi di non seguire la mia ambizione di diventare giornalista, ora che ci vorrei provare mi sembra di non sapere più né scrivere né fare riflessioni profonde 😅