Ciao,
quello che hai tra le mani è un nuovo numero di Ellissi — per essere precisi, il numero 125. L’archivio storico pre-Substack lo trovi qui.
Dietro ai tasti ci sono sempre io, Valerio. Di lavoro progetto strategie digitali per media company, giornali e case editrici.
Siccome non sarò a Torino per il Salone, che comincia oggi, ho deciso di dedicare questo episodio ai libri.
E sono felice che una casa editrice indipendente sia lo sponsor di questa newsletter. Grazie agli amici di Uppa.
Buona lettura,
v.
Internet non ha ucciso i libri, li ha resi più forti
J. Robert Atkinson amava leggere. Era la singola attività che lo rendeva più felice.
Nel 1912 però gli accadde qualcosa di terribile: dopo essere stato colpito accidentalmente da un proiettile, perse la vista.
Così dopo l’incidente, avvenuto nel 1912, si mise a studiare il Braille. Ma scoprì che i libri tradotti in questo linguaggio erano poco più di qualche decina.
Spinto dalla sua fame di lettura, che la cecità non aveva spento, Atkinson si trasformò in un attivista e lobbista per i diritti delle persone con disabilità.
La sua attività di sensibilizzazione portò alla pubblicazione del Pratt-Smoot Act, la legge americana che nel 1931 stanziò 100.000 dollari (l’equivalente odierno di quasi 2 milioni di euro) per finanziare la ricerca di nuove tecnologie che rendessero più accessibili i libri alle persone che soffrivano di limitazioni visive.
Grazie ai fondi del Pratt-Smoot Act furono creati i primi audiolibri: registrati su vinile, contenevano circa 15 minuti di parlato su ogni lato.
Le biblioteche statunitensi cominciarono ad allestire sezioni dedicate ai “libri registrati”, come le opere teatrali di Shakespeare e i romanzi di Gladys Hasty Carroll.
Grazie alla tecnologia e all’attivismo di Atkinson, che poi avrebbe fondato il Braille Institute of America, era nato un nuovo modo di leggere.
Questo aneddoto dice molto, secondo me, della capacità dei libri di innovarsi e di contaminarsi con altri media, restando però al contempo “fedeli” a loro stessi.
La relazione che lega libri e sperimentazione tecnologica dura da un millennio. I libri, potremmo anzi dire, sono tecnologia.
La stampa a caratteri mobili, le cui radici risalgono all’artigiano cinese Bi Sheng, e che nel 1450 arrivò in Occidente grazie al lavoro dell’orafo tedesco Johannes Gutenberg, fu una rivoluzionaria innovazione tecnologica.
D’un tratto, grazie all’invenzione di Sheng e Gutenberg, per riprodurre un’opera servivano giorni e non più mesi: la libera circolazione della conoscenza aveva trovato il suo mezzo di trasporto preferito.
Come scrisse Jeff Jarvis nel libro Gutenberg The Geek, di cui nel 2013 curai l’edizione italiana, Gutenberg «fu l’inventore della più grande piattaforma della storia».
I libri arrivano per primi
I libri sono il tassello fondante della tecnologia dell’informazione e questo li rende, di natura, strumenti anticipatori.
Quando a un libro capita qualcosa, possiamo stare certi che quel “qualcosa” sarà premessa dell’avvento di qualcos’altro, una premonizione di ciò che sarà.
L’inizio della dittatura nazista in Germania cominciò proprio dai roghi dei libri, novant’anni fa.
Un altro esempio di questo potere anticipatorio?
Jeff Bezos scelse proprio i libri come “cavia perfetta” per testare la sua nascente piattaforma di e-commerce, Amazon.
La scelta si rivelò vincente. I libri erano abbondanti, amati dal pubblico mainstream e al contempo in grado di soddisfare i gusti del lettorato di nicchia.
Erano facili da immagazzinare e da spedire, garantendo ottimi margini di guadagno.
Ma soprattutto erano milioni, e quindi capaci di generare una coda lunga di interesse tra i clienti.
Anche la storia dell’e-commerce su larga scala, insomma, cominciò proprio dai libri.
«Internet ucciderà i libri»
La struttura dei libri ha influenzato tantissimo l’architettura della rete.
Entrambe le tecnologie - quella dei libri e quella di Internet - sono state ideate con un intento comune: quello di condividere e immagazzinare informazioni.
Contrariamente a quanto si pensò un tempo, però, la seconda non ha ucciso la prima (l’editoria libraria, nonostante l’aumento dei costi di stampa e della carta, sta meglio oggi di cinque anni fa).
Internet non ha danneggiato i libri, dunque. Anzi.
Li ha resi più forti: li ha “aumentati”, costruendo attorno ad essi conversazioni, contaminandoli con altri media, allungandogli la vita.
Un innamoramento, quello tra i libri e la rete, che somiglia sempre di più a un fidanzamento ufficiale. Ecco qualche esempio di quello che sta accadendo.
Il colosso tech cinese Bytedance sta tramando il proprio ingresso nel mercato degli e-book, e TikTok ha cominciato a commerciare con i libri sulla scia del successo del Booktok.
Le fandom delle piattaforme sono sempre più capaci di spingere le vendite di saggi e romanzi, specialmente su pubblici più giovani (basti leggere cosa è successo questa settimana).
Piattaforme giovani come Bookshop.org (qui la sua storia), anche in tempi difficili come quelli della pandemia, hanno contribuito a promuovere le librerie indipendenti, permettendo loro di creare efficaci “vetrine digitali” ed espandendone il mercato — da un livello di quartiere a uno nazionale.
E star come Reese Whiterspoone, Florence Welsch e Emma Watson hanno deciso di lanciare i propri Book Club.
A loro si è aggiunta nei giorni scorsi Dua Lipa con il suo Service95: “La vera magia di un grande libro si realizza nel condividere l'esperienza, nel parlarne con gli amici, e nello scambiarsi consigli su cosa leggere dopo”, ha detto la popstar annunciando l’iniziativa.
Sono d’accordo con lei, e aggiungo che il digitale, che ci consente di fare tutte queste cose su una scala ben più grande, si sta rivelando uno dei meccanismi più efficaci nel creare una nuova generazione di lettrici e lettori accaniti.
Lunga vita ai libri, dunque. E lunga vita ai libri su Internet.
Alla prossima Ellissi
Valerio
Oggi Ellissi è supportata da:
Se fai libri, ti serve un e-commerce
Per innovare bisogna rompere gli schemi, dicono.
Quando abbiamo pubblicato il nostro primo libro nel 2016, a Uppa ce li avevamo già rotti, e così in pochi anni abbiamo venduto oltre 110.000 volumi dal nostro e-commerce, direttamente alle lettrici e ai lettori della nostra community.
Abbiamo deciso di mettere a disposizione di altri editori quello che abbiamo imparato in questi sei anni di prove, errori e successi.
Ti va di parlarne?
Nella mia reading list
🟡 Stiamo vedendo la fine della guerra dello streaming?
🟡 Perché i chatbot AI non sanno dirci cosa NON sono le cose.
🟡 Lunga vita alle homepage!
🟡 Quanta acqua beve l’AI?
🟡 Cosa succede quando scompare un pezzo di Internet.
🟡 Angolo nerd: Mediahuis ha comprato Euractiv.
🟡 Questo tizio, invece, vuole prendersi tutta Forbes.
🟡 In Spagna Netflix ha perso un milione di utenti: ecco perché.
🟡 Google ha annunciato giusto un paio di cosette alla sua conferenza annuale.
🟡 Di community chiuse, “mindset” e media collettivi.
🟡 Perché i movimenti digitali si muovono come gli stormi degli uccelli?
🟡 Quella storia strana della miniera di smeraldi di Elon Musk.
🟡 Su Marie Claire parlo dei tumultuosi sentimenti tra piattaforme e giornali.
🫡 Se questa Ellissi ti è piaciuta, falla leggere a qualcuno!
Bellissimo questo pezzo della newsletter! Mi ha fatto partire un trip a cavallo fra semiotica e teoria dell’informazione su come il libro, inteso come insieme di parole unite da una struttura semantica sia, come tu dici, un format anticipatore, proprio per sua la natura di aggregare informazioni in maniera analogica. È la forma base di dato su cui costruire conoscenza, il prendere forma in uno spazio di un qualcosa che avviene nel tempo, che dal momento in cui si concretizza può iniziare a essere trattato.
Incoraggiante, io amo in particolare i classici, sono molto impegnativi ma ti permettono di aprire uno spazio insperato di coinvolgimento, creatività, entusiasmo che difficilmente si trova in altri mezzi diciamo più "veloci". Certamente i libri non muoiono perché non sono soltanto messaggi istantanei ma contenuto da scoprire, è bello sentire non che resistono ma che sono sempre vivi 😎